mercoledì 28 febbraio 2007



Il racconto dei piloti

Guam 8 agosto 1945
“E’ difficile credere a quel che vidi. Il viaggio di andata non presentò particolari difficoltà. Sganciai la bomba alle 9:15 precise, ora giapponese. Cercai di tenermi il più lontano possibile dall’obiettivo per evitare gli effetti dell’esplosione. Si vide una tremenda colonna di fumo che invase il cielo”
Il capitano William Persons della Marina Americana che già aveva lavorato alla preparazione della bomba si trovava a bordo della superfortezza per osservare gli effetti. Egli ha detto: “ E’ stata una cosa terrorizzante. Dopo il lancio del piccolo ordigno tirai un sospiro e mi gettai indietro attendendo lo scoppio. Allorché questo si verificò gli uomini che erano a bordo con me mormorarono soltanto: MIO DIO”.

Oak Ridde: Qui nasce la bomba

New York 8 agosto 1945
La più strana città degli Stati Uniti è quella che è sorta come per miracolo attorno ad un piccolo villaggio nel Tennessee orientale. Si tratta del luogo dove, nel più fitto mistero, gli Stati Uniti hanno compiuto il secondo miracolo della bomba atomica, vale a dire la costruzione della bomba che racchiude nel suo involucro il tremendo esplosivo lanciato sulla città giapponese di Hiroshima. Il piccolo villaggio si chiamava Oak Ridde, ed è diventato una città di sessantacinquemila abitanti, la quinta in ordine di grandezza nel Tennessee stesso. Fino al momento in cui il Presidente Truman annunciò al mondo che gli Stati Uniti stavano costruendo le bombe atomiche quasi nessuno delle migliaia di lavoratori si immaginava cosa stesse facendo. Le regole erano molto severe. Gli operai non potevano discutere tra di loro, specie se lavoravano in diverse sezioni dello stabilimento, sulle parti che essi costruivano. Ad essi non era permesso nemmeno discutere con la famiglia su quello che essi facevano alla fabbrica. Soltanto pochissimi tecnici potevano radunare le diverse parti isolate e metterle assieme. Il governo Americano scoprì il villaggio nelle colline del Tennessee tre anni fa, e scelse una zona isolata di cinquantanovemila acri per svolgervi il grande esperimento. Dal fango sorsero estese fabbriche, mentre strade asfaltate rimpiazzavano le carreggiata di campagna, il villaggio di Oak Ridde, che non troverete in molti Atlanti, ebbe un ufficio postale, telegrafo e telefono. Centinaia di lavoratori vennero dalle città vicine per ferrovia, con automezzi, persino in aeroplano e a piedi per rispondere all’invito del Governo. Essi non facevano domande indiscrete, e anche se le avessero fate non avrebbero ottenuto risposta. Venne chiesto loro di rimboccarsi le maniche e di mettersi al lavoro. Piano piano attorno alle fabbriche sorsero case, baracche accampamenti, dormitori, scuole, chiese e persino luoghi di divertimento. Quando automobili giungevano dentro la la cerchia sorvegliatissima della città venivano perquisite accuratamente. Non erano permesse in città ne radio ne macchine fotografiche. I giornali che vi si stampavano non potevano essere esportati.

In quei giorni il presidente Truman parlò al popolo Americano per dirgli che tutto ciò era servito per abbreviare il conflitto nel Pacifico.

Per il Capitale la forza lavoro non vale niente, anzi, non esiste se non quando c’è bisogno di produzione.

martedì 27 febbraio 2007

Lettera aperta agli Amministratori locali


Clicca il link qui sotto per leggere la lettera aperta spedita tramite email agli Amministratori presso il Comune di Lenola e successivamente pubblicata il 14 febbraio su questo blog:




Ad oggi non abbiamo/avete ancora avuto risposta.


Cosa consigli?

domenica 25 febbraio 2007

Pubblicità d'epoca



Pubblicità apparsa sul Corriere della Sera Martedì 5 Dicembre 1967

venerdì 23 febbraio 2007

Le imprese di Macaroot - V puntata


Anno del Signore 1349


Giovanni Visconti, arcivescovo di Milano da dieci anni, accentra nelle sue mani tutti i poteri del comune e inaugura di fatto la signoria viscontea. Era oramai giunto alla morte Guglielmo di Occam, francescano propugnatore dell’indipendenza dello Stato della Chiesa.


E mentre il Petrarca, invitato da Jacopo II, è accolto a Padova con tutti gli onori, il nostro Macaroot smerdava di nascosto tra le fronne ai piedi della torretta.

La rivolta era sedata nonostante i rubinetti implorassero acqua, le cisterne vuote cantavano solitudine e i cessi un “Au the Blanc” a lenire la puzza di fogna. Orlando non era più furioso e il farsi meteorologico pareva girare a pioggia.

E On the World era lì, e sulla cima dominava la presenza del Castello di Dommarcello. In mezzo, una valle, e tegole, e vialetti, e forse forse…anche un tabacchino.

E, accattate delle sigarette per 30 squarau, giunto quasi ai pressi della meta:

- Mi scusi buon uomo, quanti passi devo fare per raggiungere il castello, con la fede e con l’anello?

- O cavaliere, non so cosa ti porta ad andare sul castello con la fede e con l'anello. Ma sei in pericolo! Dommarcello non ama la gente malvestita e tu, davvero, sembri uno spaventapasseri.

Macaroot stava per rispondere seccato che lui era un principe vestito dalla sartoria reale, ma si diede un’occhiata di controllo e capì che lo straniero aveva ragione.

I lunghi giorni di viaggio avevano ridotto il suo bel completo da dottore e cavaliere a un lurido cencio, le scarpe erano sformate, puzzolenti e fangose, il cappello piumato era ricoperto di guano e foglie.

Accidenti — disse accendendosi una sigaretta — hai ragione. Dove posso trovare dei vestiti nuovi?

- Troppo tardi cavaliere, i soldati di Dommarcello t’han visto e stan piombando su di te.

- Hei tu! Straniero volgare e inelegante — urlò il capitano delle guardie — pagherai cara l’offesa di aver deturpato il castello di Dommarcello.

- Morte al lungagnone buzzurro — gridarono puntando verso Macaroot le alabarde.

Macaroot comprese che forse era il momento di infilarsi l’anello magico al dito. Lo fece, sentì il botto magico con fumo e capì che si era trasformato. I soldati si arrestarono di colpo.

- Cazzo, son diventato invisibile — pensò Magaloot — l’incantesimo ha funzionato.

Subito, però, si accorse che il capitano si avvicinava, con l’aria di vederlo benissimo. Ma non aveva più lo sguardo truce di prima, anzi sembrava pieno di benevolenza.

- Oh cavaliere — disse con un inchino — i miei occhi non sono più quelli di una volta! Da lontano avrei giurato che eravate assai malvestito. Vedo invece che siete un vero damerino. E’ un onore per noi avervi in visita nel nostro castello. E che bel malloppo che avete li sotto!

Macaroot non capì, come sempre. Spense la cicca e buttò un’occhiata sulla lama della spada, e lì si vide specchiato. L’anello non l’aveva reso invisibile. Semplicemente ora era alto un metro e ottantadue, con una parrucca bionda cotonata, un bel paio di baffi color nicotina, occhiali da diva e un completo tutto bianco, compresi stivali e camice con una strana “+” rossa all’altezza del cuore.

- Vi scorteremo al castello — disse il capitano — gradite una sigaretta? Ecco prendete… e…. avete uno scudiero?

- Io sarei onorato di esserlo — disse lo straniero facendosi avanti.

- Il vostro nome, signore?

- Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales. Tra i miei clienti il conte Charles, il re degli Elfi Loobus, la Volpe Sofronia, e Zagor Te Nay lo spirito con la….

Va bene, va bene — disse il capitano, dopo aver consultato un quaderno — scusate se ho controllato, ma ci sono tanti ribelli in giro, rivoltosi.

Così facendo si diressero verso il castello e durante il tragitto, parlando in disparte con lo straniero, Macaroot capi meglio la situazione.

- Vedete, cavaliere dai poteri stregoneschi — gli sussurrò Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales — Dommarcello è un re mago potentissimo, di gran cultura e magnanimità, ma non tollera che nel suo regno entri qualcuno che non si conformi alla sua idea di eleganza.

- L’anello magico mi ha allungato e agghindato, non sono certo di avere più intelligenza — disse Macaroot portandosi una siga sulle labbra - ma a mezzanotte il suo effetto cesserà, e allora…

- Non temete — disse Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales – ci sarò io con voi.

- Ma come fate a fidarvi di me?

- Santavomma mi ha avvertito — disse Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales e ammiccando e sorridendo fece strada allo nuovo padrone.

Macaroot fu portato e presentato al cospetto del Signore del castello:

- §:çX °&§ °°^= ?$ ?%^…? Chiese Dommarcello.

- He?

- §:ç °°^=X°& § °°^= ?$ ?%^...?

- Vogliate scusarmi, ma io…

- Dommarcello è caduto nel sortilegio di una strega malvagia – lo interruppe sussurrando il capitano delle guardie – Il mio Signore chiese di diventare l’uomo più potente del regno cedendo in cambio la sua eccelsa arte oratoria, la sua bellezza, la sua cultura. La strega era bassa e racchia, verdastra e verrucosa. Per tre notti si avviluppo al mio Signore nelle lenzuola paludose e unte, e lei gracchiò e crocidò di piacere. Nell’oscurità il mio Signore era al contempo estasiato e schifato, poiché grande era il suo potenziale erotico. Aveva un lingua di un metro e mezzo che usava con grande destrezza, per frustare, avvolgere, inserirsi e...

- Va bene, abbiamo capito — disse Macaroot un po’ nauseato.

- Ebbene, quando al mattino del quarto giorno di molti anni fa la stregaccia spalancò le finestre e la luce entrò nella stanza, il sortilegio era compiuto. Lei era diventata coltissima, con un corpo da mozzare il fiato e capace di convincere di qualsiasi cosa qualsiasi cosa respirasse. Il mio padrone invece si era trasformato in ciò che vedete: Signore di un castello, ma nella parola la presenza dei soli caratteri speciali impronunciabili.

- Accidenti! – disse Macaroot accendendosi nervoso una sigaretta – a me serve la parola magica per entrare nella Grotta delle Nuvole.
- Oh mio Signore - implorò Macaroot ai piedi di Dommarcello - vi prego, vi scongiuro, solo voi potete aiutarmi affinché la mia impresa si compia. Datemi ora la parola magica per entrare nella Grotta delle Nuvole, vi prego. Non so come, ma datemela.
Saprò ricompensarvi… ucciderò per voi la strega Zunnona e porrò fine al vostro sortilegio.
Udendo le parole del cavaliere, il volto di Dommarcello s’illumino di un sorriso che da tempo mancava. Aiutò Macaroot ad alzarsi e gli porse un biglietto.

- Co.Tral.? La parola magica è Co.Tral.? – disse Macaroot con stupore?

- No mio cavaliere - disse Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales – questo è un biglietto di andata e ritorno per l’autobus.

- Autobus?!??

- Si autobus. Uno strano e grosso carro senza buoi, che ti porterà alla Grotta delle Nuvole dove potrai incontrare il tuo destino.

Macaroot abbraccio tutt'uno Dommarcello, il capitano delle Guardie, Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales, una ignara castellana e tre candelabri.
Sgorgarono ettolitri di birra quella sera al castello.
E musiche divine e balli ammiccanti contornarono la festa… insomma felice e contento il nostro eroe zompettava a destra e a manca stringendo tra le mani il biglietto Co.Tral.

Ma quando impietosa, imperterrita e puntuale come la morte scoccò la mezzanotte.
Non accadde nulla.

Era un anello magico con un difetto di fabbricazione.

E allora Macaroot ….


Ser Clandestino
Principe dei Pandozy
Duca della Villa
Signore della Sevici

mercoledì 21 febbraio 2007

Post Carnevale

Nonostante le condizioni avverse, ieri, in occasione del Carnevale, è partita la tradizionale sfilata. Bambini e adulti, grazie anche ai ragazzi della Comunità Giovanile Lenolese, hanno potuto sfilare da Piazza Cavour fino a piazzale Che Guevara unitamente ad attraenti carri. La sera si è continuato a far festa all’Asterix fino a notte tarda. Noi dell’Hermano Q. abbiamo scelto l’Ambrifano per consumare un’appetitosa cena e quindi piroettare come mentecatti con adulti e bambini di altri paesi limitrofi.

Di quale Carnevale si racconta in questo breve filmato?

Ieri, inoltre, abbiamo affisso le locandine per pubblicizzare il nostro Blog. Ci auguriamo che “control-alt-canc” possa sempre più entrare a far parte delle abitudini dei cittadini Lenolesi. Un modo per tenerci informati sui fatti del paese, avviare discussioni e, quando necessario, agire insieme per il bene comune.
Lungo la scalinata della “Sevici” non abbiamo resistito ad affiggere una locandina su una bacheca completamente vuota (quella di inventa un film era piena). Ovviamente i proprietari hanno tutta la facoltà di rimuoverla in caso dovessero aver bisogno di spazio per altre informazioni pertinenti alle loro attività.



martedì 20 febbraio 2007

Carnevale



Alla faccia del buco dell'Ozono e del surriscaldamento della crosta terrestre, stasera a Lenola si prevede la rivolta della flora. Margherite sui piedi, gerani sulle orecchie e finocchi danzanti.

lunedì 19 febbraio 2007

Gli amici della Natura



Passeggiata “Casa Matrone” ieri con gli Amici della natura:

Vedi album fotografico

Gli amici della Natura una Domenica al mese (Periodo invernale),
si incamminano a scoprire il fascino del nostro territorio.
Spirito escursionistico, amore per l’ambiente, cultura e gastronomia.

sabato 17 febbraio 2007

"Inno all'acqua" di Ilario



Vorrei bagnarmi di cristallo
sentire il profumo del vento
vorrei planare su un lago di miele
dire alle api che noi coltiviamo mele
Invece
libro nell’aria
e senza paracadute,
scendo a picco nel pozzo dei desideri,
m’infilo nel ventre della terra
combatto gli uomini di ferro,
sento lo spirito eterno.
Fuoco. Buongiorno!
- Il mio giorno è la tua ombra
le mie notti i tuoi sogni,
sei già un ammasso di Nuvole, guarda
Piove!
Gocce di follia sulla pelle.
Torno a casa,
stanotte spetta la mia bella,
ha raccolto vasche di acqua
le ha profumate di viole
vuole dissetare la pelle

inabissarsi in una nuvola di bolle.

venerdì 16 febbraio 2007

Le avventure di Macaroot - Parte IV

Anno del signore 1349,

La peste seminava la morte in gran parte dell’europa e Boccaccio, dal canto suo, continuava imperterrito la stesura del suo Decamerone. Edoardo III, una decina d’anni prima, si era autoproclamato Re di Francia. Erano già state scoperte le Isole Canarie e il papa Clemente VI aveva pensato bene di conquistarle, probabilmente stanco della solita Castel Gandolfo.

Tutto questo mentre a Lenola l’estate era tutt’altro che clemente quell’anno, il sole rosolava i monti e il vento li pettinava dandogli l’aspetto di un pollo arrosto malamente spennato.

Era questo che pensava il Re Oo, mentre confrontava il profilo di trelle e quello del suo pollo allo spiedo, trovava qualcosa di vagamente divertente nel fatto che quei monti assomigliassero alle sue pietanze, come se ciò lo giustificasse nel suo “magnamagna”.

Questi pensieri arguti del Re, furono interrotti da un vociare provenienti da sotto la sua finestra, dove quasi tutto il feudo sfilava lentamente con secchi di latta in mano. Quella processione durava da alcuni giorni. Il vassallo del Re Oo provvedeva alla distribuzione della razione giornaliera di acqua procapite. Le chiamavano le aquationes in analogia con le frumentationes romane.

La misura era però colma, il popolo assetato non poteva tollerare ancora quella siccità. Il Re aveva raccontato loro del viaggio di Macaroot alle volte di Pastena, ma erano ormai quattro settimane che l’eroe si era messo in viaggio, e già si vociferava su una sua fuga alle Canarie assieme a Clemente VI. Infatti, la prima sommossa non si fece attendere e partì il giorno successivo, con a capo Orlando detto il furioso, il quale una volta a cospetto del vassallo addetto alle aquorationes lo prese di peso e lo crocifisse a testa in giù nella piazza della Rava. Per coincidenza proprio dove tempo dopo sorgerà la fontana della cassa del mezzogiorno. Ancora oggi monumento alla siccità.

Il Re Oo era nel panico più totale, i suoi sudditi gli riportavano i discorsi di Orlando, ma lui, l’assente, non li stava a sentire, perché non riusciva a risolvere il gioco d’enigmistica che il suo giullare gli aveva preparato.

Alle quattro del pomeriggio al Re Oo non gli si erano ancora uniti tutti i puntini e scoppiò in lacrime, maledicendo il giullare perché faceva giochi troppo complicati, Orlando perché stava antipando Bertinotti di parechi secoli e Macaroot perchè tardava ad arrivare.

Ma il Re subito si calmò, quando entrarono nella sala del trono, i suoi consiglieri Dardarius e Pasquinos de los binones. Il primo, dopo avergli asciugato le lacrime, disse al Re:

- O sire, non sa quanto sono desolato, ho saputo della fuga del suo rampollo Macaroot, per i mari del sud… Ma, mi creda Sire, non dia retta a tutte quelle malelingue, non sanno che dire e allora inventano queste dicerie. Non deve credere a chi le dice che Macaroot sia fuggito per una banalissima tintarella gratis, se fosse così sarebbe andato in Austrasia come tutti gli anni. Lui le ha detto che voleva portare l’acqua? Ebbene, o mio sire, c’è forse su questo globo un posto dove c’è più acqua che nel mare?

- Dardà che m piaci quando parli complicato. – disse il Re, dandogli un bacio in fronte e facendo risplendere di nuovo il sorriso sul suo volto.

Anche sul volto di Dardarius si disegno un sorriso, ma sottile come uno stiletto.

La notte stessa la sitazione precitò. Carmelinoo l’alchimista, infatti, fallì la prova di volo umano e precipitò dal ponte di Mangiavacca, trascinato giù delle sue ali in ferro battuto. Atterrò su un cespuglio di rovi e per sbrogliarlo fu chiamato Xim Sum Yuan campione mondiale di shangai.

Tuttavia, anche in paese la situazione non era meno intricata. Orlando il furioso, era ancora sul pulpito e aizzava la folla alla sommossa. E quando anche il Marrano uscì di casa salutando i resti del suo basilico, la popolazione prese si lanciò alla volta del castello del Re Oo.

Davanti il pesante arco sprangato del castello, già c’erano tutte le legioni a servizio del feudo di Lenola e per di più in tenuta antisommossa. Mentre all’interno, già i tre cavalieri del Re sui cavalli punto, puntino e Scarabeo, erano pronti a combattere per la vita del loro pardrone.

Era dai tempi della partita di pallapezza con il Vallecorsa persa ai rigori, che a Lenola non si vedeva un malcontento simile.

Il Re Oo, non sapeva che cosa fare, i suoi consiglieri nemmeno, ma comunque a loro rimaneva sempre la strada della “ presa di distanze politiche con doppio cambio di schieramento carpiato e avvitamento a sinistra”, coefficiente di difficoltà 7,2. Difficilino ma pur sempre percorribile.

Orlando già era riuscito a far breccia tra l’esercito nemico e nei cuori dei primi rivoluzionari ante litteram e stava abbattendo la pesante porta del castello a cazzotti sui cardini, allora,, non indugiando oltre, il Re aprì la botola del passaggio segreto che l’avrebbe portato in salvo nella terra sempreverde del generale Fazzone, comandante in capo della città di Forzafondi, quando all’improvviso si palesò all’orizzonte un denso fumo di Malboro rosse. Orlando, il Re e tutta la popolazione, alla prima inalata di quell’inconfondibile mix di nicotina e catrame, si fermarono impietriti. Tuttavia Macaroot spuntò una mezz’oretta dopo a cavallo di una bufala millennove diesel di nome Nerina. L’aveva comprata da un pastore in cambio di un abbonamento al bordello della foresta fatata di Trelle e ad un numero di “Novella 1300” in cui alla Regina di Francia si vedeva parte della spalla sinistra.

Quando Macaroot arrivò ai pressi del castello, la folla si aprì come la terra solcata da un aratro. Il nostro eroe scese dalla bufala, e si diresse verso Orlando il furioso in segno di sfida, portava in mano il capo di una corda, all’altro lato c’era un uomo in tuta blu, smunto e con i calzoni laceri.

- Cosa fai qui? Facinoroso? – disse sprezzante il buon Macaroot a Orlando lo sbalordito

- Mi prendo ciò che è mio, il Re nel castello, ha un pozzo che può dissetare tutto il regno – disse Orlando il furioso.

- Ma io qui ho già la soluzione miscredente, sai chi è costui che ora porterò al cospetto del nostro Re? – chiese Macaroot

- Macchè… – rispose Orlando l’impreparato.

- E’ un operaio dell’acqualatrina e per averlo in riscatto Ceprano, gli aurunci e l’acqualatrina, dovranno fornirci l’acqua, almeno una volta a settimana!! – disse Macaroot sogghignando di soddisfazione.

- Ma io voglio dare l’acqua a tutti e sempre, perché il nostro sottosuolo ne è pieno. E poi l’acqua è un bene primario, è un diritto, ed è sbagliato doverla ottenere con un ricatto… - disse Orlando il sognatore.

- Ma dove siamo qui? – urlò Macaroot – a Brandeburgo? Basta! Ora torna a casa se non vuoi assaggiare il filo della mia spada Moogat.

Orlando il demoralizzato, dietro queste parole e dietro la certezza che se avesse perso gli sarebbe stata tolta la facoltà di cambiare soprannome al cambiare del suo stato d’animo, rimise le scimitarre nei foderi, spense le molotov e si avviò verso il piccolo chiavatore. La folla si disperse in mugoli e gole arse, il Re Oo fu salvo, il nostro paladino era tornato e Lenola di aveva l’acqua, come e quando desiderava, bastava soltanto spedire un piccione viaggiatore con parte dell’orecchio del sequestrato a “Acqualatina SPA viale Pierluigi Nervi 04100 Latina”. Ma all’orizzonte c’erano ancora nuvole e Macaroot…

Lord Carmeliin
Signore di dretjucoll
Vassallo di Vignore
Paladino di Guada Vaca

giovedì 15 febbraio 2007

Acqua...



...eterno dilemma.

mercoledì 14 febbraio 2007

Lettera aperta agli Amministratori locali

OGGETTO : Situazione di carenza idrica nel Comune di LENOLA (LT)

E’ ormai consuetudine, prima con il Consorzio Acquedotti Riuniti degli Aurunci ed ora con Acqualatina S.p.A., trovarsi a Lenola di fronte all’increscioso problema rappresentato dalla carenza idrica. Questo fatto è tanto più grave se si considera che ciò si manifestava nel passato nel pieno della stagione estiva mentre da anni ci troviamo in carenza idrica anche in pieno inverno.
Sono tante le famiglie di Lenola che nel corso di questi anni hanno sperato di veder risolto il problema della carenza e/o mancanza dell’acqua con rapidi interventi da parte degli Enti gestori rimanendone delusi. Le tanto decantate promesse di un netto cambio di rotta con l’avvento dei privati nel settore non ha sortito effetti.
Nulla in questi anni è cambiato, anzi la situazione è peggiorata, se si considera che oltre alla carenza del servizio sono diventate più esose le bollette e negli appartamenti il prezioso liquido arriva con il “contagocce”, essendo totalmente insufficiente per le più elementari esigenze quotidiane. Tornando dal lavoro è arduo compito farsi una doccia, i lavori domestici quotidiani diventano un’utopia, gli scaldabagni e le caldaie a metano non hanno sufficiente pressione idrica per entrare in ciclo di funzionalità, molte casalinghe sono costrette a levatacce notturne per fare il bucato, gli esercizi commerciali non possono neanche soddisfare la richiesta di un semplice caffè, e via discorrendo.
Tollerare tutto ciò da parte di chi ci amministra non è possibile. L’emergenza idrica a Lenola sta assumendo toni alquanto drammatici con troppi cittadini ormai esasperati e stanchi di non avere sufficiente acqua corrente nelle case.
Continue e insoddisfatte le richieste di intervento da tutto il paese. Anche in questo caso ci sembrano gravi le inadempienze della Pubblica Amministrazione e della società Acqualatina.
Crediamo che sia il momento di agire e chiedere di rendere conto degli interventi di ammodernamento della rete idrica e fognante programmati (e facenti parte dell’assunzione del servizio da parte di Acqualatina con il piano programmato degli interventi nella nostra provincia) di cui dovrebbe beneficiare il nostro Comune.
La cittadinanza è sgomenta e non riesce a capire come mai sia Acqualatina sia l’Amministrazione del Comune di Lenola sembrano impassibili di fronte a questo problema.
Chiediamo se non sia opportuno procedere ad una azione di fuoriuscita da Acqualatina come altri Comuni della Provincia si apprestano a fare di fronte ad una società ridotta ormai ad un fallimentare baraccone di disservizio e divoratore di ingenti risorse finanziarie pubbliche. Oppure siamo così succubi e legati a vicende personali di potentati locali che perdiamo di vista il bene comune dei cittadini ed i loro rilevanti e principali interessi?
Prendete in seria considerazione di seguire i passi di altri Comuni, quali Aprilia, Bassiano e Formia, che nel frattempo hanno deliberato provvedimenti a tutela dei cittadini e del vitale servizio idrico.
Non ha senso tenere in piedi questo gestore tanto costoso per i cittadini che si limita a gestire la situazione esistente senza alcun miglioramento di rilievo.
Esso non riesce a risolvere il ben minimo problema. La situazione è incredibile ed intollerabile. E’ certo che perdurando tale incresciosa situazione bisognerà adoperarsi con tutti gli strumenti possibili e presso tutte le autorità competenti al fine di porre un definitivo rimedio a questo grave ed odioso disagio.


L'acqua è vita.
Non chiediamo di darci la vita, ma quantomeno di non togliercela!


Esattamente un mese fa iniziava la raccolta di firme per la proposta di legge di iniziativa popolare “principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”. Sono state raccolte già 50.000 firme e altre se ne possono ancora raccogliere. Vi invitiamo a sostenere l’iniziativa e a mobilitarvi per raccogliere le firme direttamente presso gli uffici del Comune, dimendicando una volta che per queste iniziative debbano per forza di cose muoversi le associazioni, i movimenti o i partiti politici.

Speranzosi in un vostro impegno per il bene della comunità intera, vi semplifichiamo ciò che prevede la proposta di legge, rimandandovi per le specifiche al link:

http://www.acquabenecomune.org/spip.php?article=211:

-L’articolo 1 stabilisce le finalità della legge, identificate come la definizione dei principi con cui deve essere gestito il patrimonio idrico nazionale e la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell’acqua.
-L’articolo 2 stabilisce i principi generali, definendo l’acqua come bene finito da tutelare anche per le generazioni future, l’accesso all’acqua come diritto umano inviolabile, l’indisponibilità dell’uso della stessa secondo logiche di mercato, la subordinazione del prelievo alla concessione da parte delle pubbliche amministrazione, la priorità dell’uso per l’alimentazione e l’igiene umana, la priorità dell’uso produttivo per l’agricoltura e l’alimentazione animale, la necessità che ad ogni prelievo concesso corrisponda un contatore dell’uso.
-L’articolo 3 stabilisce i principi relativi alla tutela e alla pianificazione della risorsa acqua, definendo l’obbligatorietà per ogni bacino idrografico di dotarsi entro due anni di un bilancio idrico di bacino e di una pianificazione delle destinazioni d’uso dell’acqua, vincolando all’esistenza di questi ultimi le concessioni al prelievo; designando l’esclusività di destinazione all’uso umano per le acque così definite per le loro caratteristiche qualitative; stabilendo gli strumenti per la conservazione della qualità della risorsa; vincolando al rispetto di quanto stabilito sopra ogni nuova concessione relativa alle acque minerali.
-L’articolo 4 stabilisce i principi relativi alla gestione del servizio idrico, definendo tale servizio privo di rilevanza economica e sottratto ai principi della libera concorrenza, poiché persegue finalità sociali e ambientali di pubblico interesse.
-L’articolo 5 stabilisce i principi del governo pubblico del ciclo integrato dell’acqua, definendo le modalità della gestione integrata, la proprietà pubblica e inalienabile delle infrastrutture e delle reti e l’affidamento della gestione in via esclusiva ad enti di diritto pubblico.
-L’articolo 6 stabilisce le modalità della fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico, stabilendo la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi, e definendo i tempi e i vincoli per la trasformazione degli affidamenti in essere attraverso società a capitale misto pubblico-privato o attraverso società a totale capitale pubblico. Il medesimo articolo definisce anche il ricorso ai poteri sostitutivi in caso di mancata ottemperanza a quanto previsto.
-L’articolo 7 stabilisce, al fine di attuare i processi previsti dalla fase di transizione, l’istituzione del Fondo Nazionale per la ripubblicizzazione, delegando il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio ad emanare apposito regolamento entro tre mesi.
-L’articolo 8 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la fiscalità generale, definendo a carico della stessa la copertura in parte dei costi di investimento e la copertura dei costi di erogazione del quantitativo minimo vitale giornaliero per persona.
-L’articolo 9 stabilisce le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato attraverso la tariffa, definendo l’erogazione gratuita di 50 litri per abitante come quantitativo minimo vitale giornaliero; definendo i principi cui dovranno conformarsi le normative regionali per la definizione delle fasce tariffarie per consumi superiori; definendo come interna alla tariffa per gli usi non domestici una quota parte da destinare alla copertura dei costi di investimento, dei costi delle attività di bonifica dagli inquinanti e delle attività di prevenzione e controllo.
-L’articolo 10 stabilisce i principi del governo partecipativo del servizio idrico integrato che le normative regionali dovranno disciplinare.
-L’articolo 11 stabilisce, al fine di favorire l’accesso all’acqua potabile per tutti gli abitanti del pianeta, l’istituzione di un Fondo Nazionale di solidarietà internazionale, finanziato dal prelievo in tariffa di 1 cent/euro per metro cubo di acqua erogata e dal prelievo fiscale nazionale di 1 cent/euro per ogni bottiglia di acqua minerale commercializzata; il Fondo sarà destinato a progetti di cooperazione internazionale decentrata e partecipata dalle comunità locali per il sostegno all’accesso all’acqua.
-L’articolo 12 stabilisce la copertura finanziaria della legge, definendo l’allocazione di risorse per il Fondo Nazionale per la ripubblicizzazione attraverso una riduzione pari al 5% delle somme destinate nell’anno finanziario 2005 alle spese militari; la destinazione di quota parte, pari a 2 mld/euro annui, delle risorse derivanti dalla lotta all’elusione e all’evasione fiscale; la destinazione dei fondi derivanti dalle sanzioni emesse in violazione delle leggi di tutela del patrimonio idrico; la destinazione di una quota parte, non inferiore al 10%, dell’IVA applicata sul commercio delle acque minerali; l’allocazione di risorse derivanti dall’introduzione di una tassa di scopo relativa al prelievo fiscale sulla produzione e l’uso di sostanze chimiche inquinanti.
-L’articolo 13 stabilisce l’abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili con quanto definito nella legge.

Hermano querido

Franz Hanz in Vietnam

L’esimio scienziato questa mattina si è inoltrato nella foresta delle "Mele Cadute" in Vietnam per studiare un fenomeno alquanto singolare. In questa foresta gli alberi sembrano innamorarsi, assumono strane posizioni senza una provata necessità fisica. Che vogliano mettersi in contatto con gli umani? Saranno sazi di oziare nella loro staticità? Il Dott. Franz tiene d’occhio la foreste delle “Mele Cadute” già dal lontano 1988 quando due alberi avvinghiati sollevarono curiosità e interesse scientifico. Nella foto un collaboratore Vietnamita del Dott. Franz che studia l'argomento. Ila. Mar.

martedì 13 febbraio 2007

Il lancio di Pierrot



Ma cosa abbiamo ancora da fare sulla Luna?

Il volo di Pierrot

AMERICA - AFRICA

2 continenti
2 città

Luanda



New York

venerdì 9 febbraio 2007

Le imprese di Macaroot - III puntata


Anno del Signore 1349,

un anno prima a Genova giunsero le navi che dal medio oriente portarono con se la peste che in cinque anni farà in Europa venticinquemilioni di morti. Muore la regina Giovanna II di Navarra e le succede Carlo II il malvagio. A Milano era da poco morto Luchino Visconti, avvelenato dalla terza moglie Isabella Fieschi. E mentre la città di Bari viene assediata ed espugnata dall’esercito ungherese guidato da Re Luigi, non lontano dal Regno di Lenola, Città delle Scale Lunghe, nascosta dalla Grande Rava, sul fiume Vallone Che Non C’è Più, dove in un Castellocemento regnava re Oo, detto Oo l’assente, Macaroot, il cavaliere errante, veniva con forza bruta strattonato da un umile, sudicio e prucchioso oste.

- Messere. Messere….sveglia! Si svegli Messere… si svegli!
- Umhhh… grassie, grassie…. sibilò Macaroot ancora in fase rem.
- Ma quale grazie se ancora non...
- Va beh, ho capito ti faccio una ricetta…
- Ricetta?!?… lei mi deve pagare Messere, altro che ricetta!
- Pagare!?!! Ma come?!? Vi ho risolto il problema dell’acqua, ritorno a casa da trionfatore e tu mi chiedi di pagare?
- Ma quale acqua e trionfatore… ma quale casa… che la peste mi colga se ci capisco qualcosa. Senta, qui siamo nella Contea di Pastena… e per la precisione nella locanda del Cappio Laccato… avete mangiato, fumato e bivaccato e ora mi deve esattamente 87 squarau.

Dopo circa due ore Macaroot si rese conto di aver sognato un ritorno da paladino errante, accolto dalla banda di ottoni e da giullari in festa nel Regno di Re Oo. Pagò all’oste quanto dovuto, si accese una sigaretta e riprese il suo viaggio.

L’audace e democratico Macaroot sul suo cavallo Ghibli cavalcò tre giorni e tre notti finchè Ghibli affumicato non disse basta e scappò, e allora Macaroot noleggiò il somaro Otello e con quello somarò altri due giorni e due notti, finché giunse nel bosco di Ambrifi, ove vivevano i terribili e neri minicanikiller al soldo di un cavaliere da tempo fuori da ogni regola e convenienza sociale che aveva abbracciato una vita equivoca divenendo presto cinico, sfrontato e volgare: Tak Cettuk detto Trequintali.

A gli occhi di Macaroot, Ambrifi sembrava un normale bosco, folto e silenzioso. Ma verso notte, iniziò a riempirsi di ombre paurose e misteriosi rumori, mentre un vento gelido fischiava tra i tronchi dei secolari castagni. Macaròt accese un falò, una sigaretta e dopo un frugale pasto a base di castagne si accese un’altra sigaretta. Poi la spense e si mise a dormire.

Ma nel cuore della notte fu destato dal raglio disperato di Otello. Si alzò con la fedele spada Moogat in pugno, ma ahimè era troppo tardi. Di Otello non restava ormai che lo scheletro, e un lacerto di orecchio. Qualcosa lo aveva spolpato in un attimo. Allora Macaroot l’intrepido gridò:

— Tu uomo o donna o bestia o mostro, tu maledetto che mi privasti della preziosa cavalcatura, fatti avanti e conoscerai di che tempra è la mia spada.
Nel buio si udì un rumore di ganasce e della sua spada non rimase che l’elsa.
Macaroottt testardo e temerario, gridò ancora:

— Forse siete stregoni e conoscete qualche maleficio che annienta il ferro, ma io non vi temo, che più duro di ogni metallo è il mio animo battagliero... Si udì una risatina e Macaroot vide davanti a sé le ombre nere dei terribili minicanikiller. Cinque minicanikiller addestrati non più grandi dell’unghia di un pollice, ritti sulle zampe posteriori, in atteggiamento di sfida.

— E voi chi siete? – interrogò Macaroot accendendosi con calma una sigaretta.

Uno dei minicanikiller, per tutta risposta, lo afferrò per un piede e lo fece cadere. Un altro gli torse il naso con le possenti mandibole. Due lo tennero fermo per le braccia e il quinto gli spense il mozzicone in un orecchio.

— Adesso ti mangiamo, bel cavaliere...

Si sentì un rumore di passi pesanti che avanzavano. E con terrore Macaroot vide un plotone di minicanikiller avanzare verso di lui, innalzando vessilli dipinti con mallo di noce, e suonando tromboncini di genziane. Li guidava Tak Cettuk detto Trequintali, largo più di una botte con il petto luccicante di medaglie.

— Sbranatelo, o miei guerrieri — intimò.

Ma Macaroot non era tipo da arrendersi facilmente. A colpi di pugnale si liberò dei minicanikiller che lo inchiodavano al suolo e balzò in piedi. Si accese una sigaretta e fece un passo indietro. Era forte Macaroot, ma anche stratega e astuto.

— O guerrieri — disse — capisco che siete più forti di me. Ma prima che vi saziate delle mie carni, concedetemi l’onore delle armi. Voglio cantare la canzone che ogni cavaliere intona fieramente nel momento della morte. Non privatemi di questo ultimo desiderio.

— Che palle — disse un minicanekiller.

— Mangiamolo e basta — disse un altro.

— Fermi guerrieri — disse il perfido Tak Cettuk — siamo perfidi ma leali. Concedete a questo piccolo umano il suo ultimo desiderio, io vi aspetto da Messere Bonome, ho un lavoretto da svolgere con la sua vacca prena.

— Sì ma dopo gnam gnam — fecero eco in cento.

— Grazie o nobili cinofili — disse Macaroot — canterò per voi lo stornello lenolese-ese. Dura solo un minuto. Ascoltate. Espirò l’ennesima boccata dalla sigaretta e iniziò melodiosamente a fischiare.

I cani ascoltavano, abbastanza indifferenti. All’improvviso uno si eresse in tutti i suoi due centimetri di altezza, gridando.

— Ehi, il bastardo ci sta fregando. Questo fischio è un richiamo per merli...Proprio così. Un frullo di ali annunciò l’arrivo di uno stormo, richiamato da Magaroot. Fin da piccolo, egli era abilissimo nell’imitare gli uccelli.

Quello che ne seguì è troppo cruento perché si possa raccontare. Lo stesso Macaroot chiuse gli occhi per non vedere.Dopo meno di un minuto, lo stormo si alzò in volo sazio e repleto. Al suolo non rimaneva che qualche zampetta e brandelli di coda.

— Otello è vendicato, e la prima impresa è compiuta — disse Macaroot — ma ora che ricordo, Santavomma aveva detto che avrei avuto in dono qualcosa per accedere alla seconda impresa.

— Santavomma aveva ragione — disse un merlo che era rimasto su un albero. Con un breve frullo, passò sulla testa di Macaroot e sganciò dal becco un anello.

— E’ l’anello magico di Cenerentola — disse il merlo — se sei in difficoltà indossalo. Ma attento! Il suo potere cessa a mezzanotte.

- Cavaliere – aggiunse un secondo pennuto - Santavomma ti manda a dire che nel Regno di Re Oo il popolo è in sommossa per le bollette stramaggiorate di Acqualatrina, e dell'acqua neanche l'ombra. Il tuo Re è in pericolo.

— Grazie — disse Macaroot accendendosi una sigaretta.

— Aspetta — disse un terzo merlo – Santavomma ci ha pregato infine di ricordarti che un guerriero della notte non teme il sorgere del sole!
— E cosa voleva dirmi con questa stronzata?
— E chi lo sa! Ma sai com’è fatto Santavomma, lui vuole sempre lasciare la scena con qualche frase ad effetto.

— Va bene ho capito. Grazie di tutto amici pennuti — disse Macaroot.

E quelli per saluto lo riempirono di vari etti di guano multicolore.
Allora Macaroot...
.
.
Ser Clandestino
Principe dei Pandozy
Duca della Villa
Signore della Sevici

martedì 6 febbraio 2007

Le imprese di Macaroot - II puntata


Quando il nostro paladino Macaroot spalancò la pesante porta alla locanda del temibile conte di Cagliostro erano seduti in ordine crescente di tasso alcolico: Cumpà Claudio detto “accattatelle”, il mago Eric il germanico, detto semplicemente “il mago”, Diego Pablo lo Scardusceju, famelico templare di catalunha, Felix il musicante, Henry Francis Happyhour e Saint Gelard l’uomo morra, terribile spugna, in grado di prosciugare le riserve dei bar della contea e di quelle limitrofe in una sola notte. Alcuni, per non far capire che parlano di lui usano appellativi come “Vileda” o “Asciugatutto Daino”. Dirigeva la gara, da dietro il bancone, Daniel Natalius I, figlio del buon Norperso, uno dei tre cavalieri del re Oo. Gli altri erano Norvanni e Norarnaldo, cui era affidata la cura della potentissima spada autovelox e del cavallo punto, famoso per via del suo colore bianco e blu, invece che nero, e la testa a sirena intermittente.

La quiete venne subito rotta, dalla avida voglia di Saint Gelard di confrontarsi con chiunque nella sua arte, ma questa volta non aveva valutato il valore di chi gli stava di fronte. La locanda, in quel momento gremita, si svuotò delle ben due persone sedute ai tavoli.

- Macaroot, ci vi? -L’urlo di Saint Gelard, già sull’orlo di un coma alcolico, turbò il quarto d’ora di saluti e baci.

- Ci vengo - rispose Macaroot, per niente intimorito. E in un attimo la tempesta di quattro,sette e otto, di “ancheperteragazzo ” e tutta la morra, sommerse il cagliostro e tutta la mulattiera circostante, tracimando per le strade e animando i vecchi vicoli silenti. Le mani, le braccia e le dita si susseguivano vorticosamente, i fiumi di birra e di vecchia romagna scorrevano dal bancone al centro della sala. E lì Macaroot, dopo essersi acceso, sfregandola contro i baffi, la trentesima sigaretta dello scontro, gridò:

- Tutta la maniii- e Saint Gelard, guardando il suo pugno chiuso sul bicchiere di peroni, non resistette e stramazzò a terra. Fu portato via dai suoi scagnozzi a bordo di una cariola con frigo bar e guida a destra, ereditata dal padre morto in un pub di Londra per aver bevuto accidentalmente un bicchiere d’acqua. Quegli inglesi tenevano davvero alle tradizioni e lo affogarono nel cappuccino del compagno, erano le nove del mattino. Da quel giorno il giovane Saint Gelard decise che non avrebbe più bevuto acqua, in memoria del padre. Ci riusciva egregiamente.

Allora, Macaroot, si avvicinò al bacone, prese l’oste Daniel, per il pesante bavero di fustagno e gli chiese dove fosse il bagno. Quello gli rispose, che era desolato, ma non c’era l’acqua e il bagno era chiuso.

L’acqua? Il nostro eroe aveva davvero sentito bene? Nella sua contea mancava l’acqua? Il suo pistolino era ora costretto a farla contro il muretto di pietra, dall’altro lato della strada, laddove il sole non batte mai e le più temibili creature del regno trovano il connubio con il freddo mondo delle tenebre. In pratica Macaroot non aveva nessuna intenzione di gelarsi le palle.

- E’ una cosa indegna- esclamò – io dico che il castello di cristallo di don Marcello può attendere. Darò l’acqua a Lenola! Al costo di portarcela con le orecchie! -

- Cala ca vinni! I piscia chiu d là, ‘mbecill, ca la stai a fa ngoppa aju vasilcu!!! – urla un marrano dal balcone. Ma Macaroot già ha chiuso la zip ed è a cavallo alla volta degli Aurunci, dove nemmeno Andreotti il gobbo era riuscito a tornare vincitore.

Toloclop, toloclop, toloclop, riecheggiavano gli zoccoli nella foresta fatata di Trelle.

Telochiap, telochiap, telochiap, ridacchiavano le zoccole nella foresta mica poi tanto fatata di Trelle. Ma Macaroot, impassibile, in sella al suo destriero lanciato al galoppo, procedeva spedito e fiero, la missione era delle più delicate: convincere la gentile signorina rimorchiata poco prima ad accettare 5 squarau per l’intero servizio.

Infatti, la signorina, nemmeno tanto gentilmente, non accettò, e Macaroot maledisse la Philips Morris, il tabacco e la paghetta troppo bassa del Re Oo e riprese, stavolta al trotto, la strada degli aurunci, dove l’attendeva la notte e chissà quali insidie.

Giunse alle grotte di Pastena all’imbrunire e già i pipistrelli disegnavano i loro strani intrighi nell’aria. Era troppo tardi per fare qualsiasi cosa e quindi il nostro eroe decise di andare a dormire alla taverna del cappio laccato in oro, perchè quella del cappio d’oro 750, forgiato dall’artigiano Fasooolo, costava troppo.

Macaroot toccato il cuscino, che una volta, tanto tempo fa, era stato bianco, ma che ora aveva assunto un marroncino abete comunque niente male, si addormentò di sasso. La notte passò convulsa tra voli di pipistrelli e il crepitio delle coppiette nelle altre stranze e sotto il letto. Verso il mattino Santavomma, il potente oracolo, gli apparve in sogno, con la sua padellona in testa. Santavomma non parlò dormiva anche lui di un sonno pesante che solo gli oracoli riescono ad avere.

A quel punto Macaroot si svegliò grondante di sudore e subito sgaiattolò giù lungo la grondaia per non pagare il conto. Era l’alba e quando se ne accorse, il nostro paladino si riattaccò alla grondaia e andò a farsi altre tre orette di sonno. Dopo qualche tempo che si era assopito Macaroot risognò Santavomma che stavolta gli diceva: “Alzati, sono le dieci, Alzati, sono le dieci, Alzati, sono le dieci. – e poi aggiunse - Questa sveglia fatata vi è stata offerta da ‘La spada di fuoco’ officina artigiana di Goffredo e figli via Appia ottantunesimo paracarro. Goffredo e figli, le migliori spade per i vostri peggiori nemici.”

- Santavo’ ma che è?- chiese Macaroot nel torpore del sogno

- Zitto va. - rispose Santavomma - Che si deve fa’ per campare, caro Macaroot. Mi danno 1 squarao ogni persona che sveglio. Anzi fammi andare che butto giù dal letto quel nullafacente di Carmelinooo l’alchimista. Ma tanto è solo tempo perso. Il massimo che riesco a fare è farlo girare dall’altro lato.

Le grotte di Pastena erano chiuse per restauro ma Macaroot, fece valere subito la sua arte diplomatica, e dietro la minaccia di una alabardata il geometra del posto acconsentì affinché Macaroot passasse.

Le grotte erano veramente immense il picco delle cornamuse precedeva di poco la valle delle cascate e poi proseguiva verso le sabbie mobili. Spada in pugno Macaroot riuscì a pestare ventimila metri cubi di guano e quasi decapitarsi con una stalattite. O stalagmite? Non lo sapeva. Comunque quando fu in fondo scoprì che le sabbie mobili non erano fatte di sabbia né di fango e che lì la grotta finiva in un lago smeraldo bellissimo e grandissimo.

Quindi calcolando la parallasse, la distanza dai poli e predicendo il secondo estratto sulla ruota di Napoli capì che se avesse fatto un buco nella roccia avrebbe portato l’acqua direttamente a Lenola. Così, raccogliendo tutte le sue forze bucò la montagna creando una crepa che subito si allargò in turacciolo, poi in tombino, poi in una botte fino a diventare un buco di venti metri di diametro, da cui l’acqua dell’immenso lago tracimò in meno di tre nanosecondi. Affacciandosi dall’enorme spaccatura nella montagna si vedeva nettamente Ceprano e la valanga d’acqua che ora stava per colpirla.

Non c’era tempo da perdere, Macaroot mise le mani alla bocca e fischiò al suo fedele destriero. Il quale fulmineo corse verso il padrone prendendo il sentiero turistico ed evitando le enormi cisterne di guano in cui il padrone si era tuffato poco prima. Così sopra al suo potente cavallo lanciato al galoppo, Macaroot riuscì a superare il fiume in piena e, imbracciato l’arco, a sparare i trenta cordoli della 3M milano che sempre portava nella faretra.

Il fiume d’acqua, costretto a mettere la prima per non lasciarci le sospensioni, giunse alle porte di Ceprano, a soli 20 km/h, sufficienti solo ad abbattere alcuni caseggiati e da allora nella città poterono bere senza problemi, pisciare senza problemi e vendere l’acqua a Lenola per 100 squarau il secchio. Senza problemi. Per molti e molti anni a venire.

Macaroot tornò a Lenola in trionfo, la banda i giullari e persino i Savoia rettori del famoso e un pò caretto, bordello della foresta fatata di Trelle gettavano fiori lungo Mangiavacca, ballavano, cantavano e organizzavano sagre di zuppa e fave e sacrifici di caprettoni per festeggiare il ritorno del paladino. L’unico che non esultava era il Marrano e il suo basilico. Il secondo perché ormai era secco e il primo perché non aveva potuto ancora farsi una doccia.

Lord Carmelin of the hill
signore di Vignore
padrone dell'impero
vassallo della sevici

lunedì 5 febbraio 2007

Le scuse del presidente Bush

Ottima riuscita della missione diplomatica in America da parte del Dott. Franz Hanz. L'esimio scienziato ha avuto le scuse da parte del presidente americano.
Per motivi di tempo riportiamo soltanto quanto dichiarato dalle agenzie di stampa, in quanto il dott. Franz Hanz Albert è veramante molto stanco dopo le lunghe ore di aereo e lo scalo a Cuba.



ANSA - Roma ore 11:54. Atterrato Boing con a bordo dott. Prof. Hanz Franz Albert dopo trasferta in America per il caso Mr. Coool (il primo sperimentatore della moto a reazione, interamente ecologica). Intervistato, il Prof., si è detto contento del colloquio con Bush, il quale, consentirà a Mr. Coool tutti gli esperimenti che vuole, ma lontano dai centri abitati.


REUTERS - Washington ore 08:30 PM ECT. Terminata cena di stato tra il prof. Hanz Franz. alcuni scienziati della NASA e J W Bush. Il presidente ha ascoltato quanto il prof. hanz aveva da dire addormentandosi una sola volta. Al termine della cena ha posto le proprie scuse per le parole dei giorni scorsi contro Mr. Coool, aggiungendo, nella conferenza stampa: "Mr. Coool non è una nuova Mururoa".

sabato 3 febbraio 2007

Strano, ma vero!

Dopo Aver letto l’articolo del Dott. Franz Hanz Albert, apparso sul 2° numero dello Scoppolino, dove si faceva riferimento allo sviluppo del primo prototipo di macchina a Gas naturale, Mr. Coool, un cinquantenne della Florida, ha cominciato a fare insoliti esperimenti. Purtroppo i test di cui Mr. Coool si sta facendo promotore stanno alzando polveroni politici. Proprio domani il Dott. Franz Hanz è stato convocato oltreoceano dove verranno discussi alla Casa Bianca possibili provvedimenti. Ila. Mar.

venerdì 2 febbraio 2007

Le imprese di Macaroot - I puntata


Anno del Signore 1349


Nel regno della Luna Malinconica, nei territori di Knobas, oltre la palude di Korkashmull dove ogni notte il viscido Pitone Guardone esce a insidiare le coppiette, c’è la catena dei Monti Hudranabara, e attraverso il passo delle Neve Nera si arriva alla valle della Sfinge, dove sta il castello del crudele re Uruk.Ma questo non c’entra un cazzo con la nostra storia.

In realtà la nostra storia si svolge nel Regno di Lenola, nella città delle Scale Lunghe, nascosta dalla Grande Rava, sul fiume Vallone Che Non C’è Più, dove in un Castellocemento regnava re Oo, detto Oo l’assente.Oo era figlio di Oook il Partigiano e di Ooa l’ostetrica, nonché discendente della stirpe di Oooooonoos, che regnava da anni sul regno di Lenola.

Oo aveva un discepolo che si chiamava Macaroot. Fumatore incallito era anche il cavaliere più ardito, valoroso e democratico del paese, ma aveva un cruccio.Non aveva ancora fatto niente di ardito e valoroso.

Il fatto è che nel regno di Lenola non c’erano né briganti malvagi né draghi da affrontare né tantomeno principesse da salvare. Era un reame tranquillo, e l’evento più scellerato mai accaduto a memoria d’uomo, era stata la Gran Zuffa del Carnevale del 1258.

Quindi Macaruuuh, che aveva come prerogativa il cambiare il nome a seconda dell’umore era triste.

Il re Oo lo convocò e gli chiese:— Cosa ci fai tu qui?

Non lo chiamavano Oo l’assente per niente.

— Tu mi hai fatto chiamare — disse Macaroot accendendosi una sigaretta un po’ arrabbiato.

— Ah sì, ora ricordo — disse Oo — mi hanno detto che sei triste. Perché figliooo? Cosa ti manca? Proprio il mese scorso ti regalai ventisei nani perché tu potessi abbatterli a alabardate per quel gioco che chiami Play Prevention. Vuoi altri nani? Vuoi curare e poi condannare a morte qualcuno? Vuoi soldi per accattarti le sigarette?

— O mio Sire — sospirò Macaroot — io sono un giovane ardito temerario e democratico. Ti sembra che possa essere contento di passare il mio tempo a storpiar nanetti, a curar malati e ad accattarmi le sigarette?

— Noo — disse Oo.— Perciò ti chiedo il permesso di andarmene dal regno per un anno, in avventuroso peregrinare, a compiere qualche impresa eroica in cui possa difendere i deboli per tornare onusto di gloria e sanguinante di preda, con una bella principessa al fianco.

— Booh. Se è questo che vuoi — disse Oo — ma bada, voglio una vera impresa. Qualcosa di cui si parli in tutto il regno di Lenola, ma anche oltre il Vallone Che Non C’è Più e le montagne di Carduso e il regno dei Pomodori di San Martin’s e le piane di Trella e il deserto di neve delle Fosse di Ambrifi, e...

— Va bene — disse Macaroot spegnendo la sigaretta— chiederò consigliò al saggio stregone Santavomma. E si accese una sigaretta.

— Vai con Dooog e soprattutto, non cadere nella deriva populista — disse Oo, e riprese a dormire.

Macaroot, ordunque, si recò nella grotta del stregone Santavomma, che non si trovava sotto la Cascata di Forfora nel Vallone Che Non C’è Più ma sotto una rava del Piccolo Chiavatore.

Santavomma sedeva in meditazione al centro della grotta, e un getto d’acqua gli trapanava direttamente il cranio. La grotta era bucata. Ma lo stregone era superiore a certe cose, e soprattutto aveva in testa una padella.

— O Santavomma, grande sciamano, tu che parli con Oong e Moong i transdemoni eonici, ascoltami.

— Non sento, ho il rumore di questa maledetta cascata in testa — rispose Santavomma.

Allora Macaroot spense la sigaretta, si caricò in spalla Santavomma e lo portò all’asciutto. Puzzava di acqua putrida e pesci morti, ma era pur sempre il grande sciamano.

— Grazie cavaliere — disse Santavomma — in cosa posso esserti utile?

— Vorrei compiere un’impresa temeraria e democratica a difesa dei deboli, senza cadere nella deriva populista, ma facendo in modo che tutti ne parlino, per poi raccogliere i fatti in un libro, possibilmente un bestus sellerus.

— Uhm — disse Santavomma — non è facile. Tutto ormai è stato detto scritto, ribadito e serializzato. Ma forse posso darti qualche idea. Potresti iscriverti a una università di maghi.

— E chi interesserebbe una storia così?

— Hai ragione. Dunque se ben rifletto, in questi strani tempi, se vuoi compiere un’impresa di cui si parli, servono tre cose. Uno scenario giallo noir o thrilling, possibilmente noioso. Un serial killer con un difetto fisico. Il graal.

— Stregone, veramente io non capisco — disse Macaloot tra una boccata e l’altra.

— Mi spiego meglio: anzitutto ci deve essere un assassinio, e la vittima, prima di morire deve scrivere con sangue, bava, feci o altro liquame adatto, una frase criptica, da decifrare. Poi deve arrivare un investigatore, possibilmente umano comprensivo e dialettale. Deve esserci una donna misteriosa. Un cattivo con l’aspetto malaticcio e maniacale. Un cane assassino che deve ammazzare almeno sei persone, meglio se donne. Non sarebbe male se, durante la storia, si scoprisse qualche crimine partigiano ai danni di qualche incolpevole fascista. Poi ci deve essere almeno un paio di templari, un cabalista, e naturalmente il Graal.

— E difendere i deboli?

— Quella non è più incombenza per cavalieri, tutt’al più per qualche gruppo di volontariato.

— Sciamano Santavomma — disse Macaloot deluso — hai bevuto ancora una pozione allo stramonio?

— Ti dico che le cose vanno così. Perché non mi credi?

— Uffa, grande stregone. Sono venuto da te per avere da te magici consigli e mi hai raccontato un sacco di corbellerie. Me ne vado.

E si accinse a farlo tra una sigaretta e l’altra. Ma Santavomma lo fermò con voce decisa.

— Aspetta mio bel principino... ora che ci penso, posso consultare l’oracolo di Gooooogle.

— Ma che cazzo di nome. Ci vuole molto?

— Non tanto... basta connettersi...

— Come hai detto?
— Voglio dire, basta entrare in trance... ma ultimamente, ogni volta che mi conne... cioè che consulto l’oracolo mi viene un gran mal di testa e devo comprare tisane analgesiche e costosissime con cui curarmi...

— Va bene, ho capito, avido Santavomma — disse Macaloot — quanto vuoi?

— Cinquanta squarau...

— Cinquanta squarau? Ma è la mia paghetta settimanale... che razza di tisane usi?

— Alchemiche, fatte con erbe rare e tritate nel plenilunio con pestello d’oro... facciamo quaranta squarau con lo sconto per Grandi Imprese.

Macalooot trasse dalla gabbietta che portava sotto il mantello quaranta squarau che si misero a correre velocemente sul pavimento. Lo sciamano ne assaggiò subito uno.

— Cosa c’è, non ti fidi? — chiese offeso Macaloot spegnendo con la scure la sigaretta.

— No, non mi fido. L’ultimo templare che è venuto qui mi ha fregato. Invece di dodici squarau mi ha pagato con dodici squarofluf. Due notti di colica e incubi...

— Sono un cavaliere stolidamente onesto e leale — disse Macaloot — su,dammi il tuo responso...

— Spengo la candela. Devo fare buio — disse lo sciamano...
— Sì, ma tieni le mani a posto. So che sei sessualmente ondivago.
— Calunnie. Senti questo rumore? Vedi questa luce azzurrata? Ecco, mi sto collegando. Ora il grande Gooooo mi dirà cosa fare. Digito la magica formula: www.grandimprese.org. A me a me, forze delle Fibre Celesti. Ecco il responso.

Dunque ci sono attualmente dodici Grandi imprese ancora da compiere nel Territorio Occidentale e sette in quello Orientale.

— Le più vicine?

— Sono tre. Le vuoi compiere tu tutte e tre?

— Sì, una sola non basta. Tre e, tutti parleranno di me. Disse il cavaliere accendendosi una sigaretta avidamente.

— Allora devi combattere con le guerriere nere del bosco di Ambrifi. Esse ti daranno l’anello fatato per entrare nel castello di Cristallo di Dommarcello, lo sciamano dei cavalli. Dovrai affrontarlo e farti dare la parola magica per aprire la grotta delle Nuvole e lì uccidere il drago Ballerinus Sarkany, e attento al cane assassino del perfido e untuoso Tak Cettuk... Naturalmente, in alternativa, potresti trovare il graal.

— Non ci penso nemmeno. Benedicimi, grande Santavomma.

— Vai con Doog. E ricordati. Un guerriero della luce non teme il tramonto.

— Cosa vuol dire questa stronzata?

— Non lo so, ma devo chiudere la scena con una frase significativa della mia saggezza...

— Puoi fare di meglio.

— Aspetta... dunque, attento a non cadere nella deriva populista.

— Va bene ho capito, saggio Santavomma. Vado e ti mando una cartolina.

Fatto ciò salì sul suo cavallo, si accese una sigaretta e sapete cosa fece?

Se volete sapere cosa fece Macaroot, e come pros e la storia, n perde itro vate lo web t o. A pre …. ! ?…..ac bot


Ser Clandestino

Principe dei Pandozy

Duca della Villa

Signore della Sevici

giovedì 1 febbraio 2007

"Inno alle mani" di Ilario


Queste mani sono uno spettacolo di musica,
una trama di amici,
maghi e nani senza tunica

Il neonato delle mani non sa che farne
le mani
bensì
hanno già mosso il mare

L’uccello invece delle mani ha preferito le ali,
in cielo le mani catturano lucciole
ingabbiano il buio
poi liberano le dita,
le dita fra le crepe snidano una formica

Sulle mani spalmiamo crema,
con le mani apriamo il portafoglio
con le dita prendiamo il soldo,
nelle dita infiliamo cerchi di promesse
sulle unghie pennelliamo ali rosse

Le dita accarezzano la tenerezza
le mani schiaffeggiano la rudezza

Le dita sono gli attrezzi:
chiudono buchi
pizzicano corde
indicano posizioni
e ti mandano a quei posti
- alt -
cinque punte stese al cielo,
- bravo -
colpi vermigli sulle mani

Le mani sono la maschera della vergogna
le dita i numeri della preistoria.