Quasi quasi mi do malato
Il natale è quasi arrivato, manca meno di una settimana. Eppure c’è qualcosa che stona, che contrasta con tutto quello che il natale è (o è stato), in se per se.
In questo periodo dovremmo essere tutti più buoni, magnanimi e comprensivi, ma se esco di casa vedo gente imbottigliata del traffico, infuriata come il demonio, nel vano tentativo di comprare i regali.
Compra, spendi, usa, getta, desidera, da mesi ormai ci bombardano con vetrine di strass vertiginosamente dorati compresi di alberi di natale con la neve finta. Alla Upim sotto casa, però hanno usato gli stessi addobbi dell’anno scorso e babbo natale non ne può più di stare appeso ad una corda a
Qualcuno lo tiri giù prima che si sfracelli.
Con tutto quello che ha da fare in questo periodo, poi. Ma ci pensate, quell’uomo dovrà consegnare in una sola notte 23 milioni di playstation, 85 miliardi di cravatte, dovrà reciclare 45 bilioni di panettoni di cui almeno un migliaio risalenti al 1970. Mio papà aspetta ancora che gli arrivi quello che nel ‘94 l’Inter non lo fece mangiare ad Hodgson.
Per non parlare dello spumante. In TV c’è una festa che dal mese di novembre va avanti a intermittenza perché uno esce ed entra dalla porta con una diavolo di bottiglia di Asti in mano. Senza dimenticare, no Martini no party! Lo dice anche la mia Panda, soltanto che alla fine non parte né col Martini, né col Berlucchi, e col Ferrari addirittura s’offende, perché dice che non vuole averci niente a che fare con ‘ste macchine borghesi.
Sembra un discorso campato in aria o applicabile soltanto alle metropoli, ma se ci guardiamo attorno ci rendiamo conto che ovunque è così. Ovunque ci mostrano oggetti, donne o condizioni, a cui non possiamo arrivare. Tutte cose che prima di vederle non desideramavo e dopo averle scoperte ci sentiamo frustrati dal non poterle avere. Allora, anche a Lenola, ci mettiamo a spendere, a fare a gara con il vicino per i botti, le luci, il presepe, la parabola. “Caliamo a Funni” a comprare gli I-pod, le PS e le barbie. Oppure stiamo al cagliostro prima di cena con un aperitivo in mano, per poi, nel dopocena, abbracciarci le bottiglie intere.
Anche quest’anno, dovunque, anche a Lenola, ci rimpinzeremo, mangeremo e berremo più del dovuto cercheremo altrove armonie che invece sono nascoste sotto le radici degli alberi di natale, nella terra che gli ha ospitati prima che qualcuno gli tagliasse per appenderci palline sopra (l’abete del papa quest’anno viene dalla Sila, è alto
Insomma, si fa tutto tranne che guardarsi all’interno, prendere e fare due passi, respirare l’aria della festa, sorridere ed essere sereni, come si dovrebbe fare a Natale.
Ma nella società del Mulino Bianco queste cose avvengono solo in TV, dove i belli baciano i belli per fare figli bellissimi e i brutti usano AXE e rimorchiano gli idraulici. Intanto mi chiedo se tutti questi stereotipi non facciano altro che allontanarci dallo stare bene, dallo stare assieme. E’ un gioco al massacro dove si vuole sempre di più di quanto si possiede, dove le nostre donne sono sempre inadeguate, dove la nostra casa è sempre troppo piccola, dove la nostra condizione è sempre troppo misera. Allora finiamo con credere che il possedere possa essere un modo per sentirsi felici e intasiamo “pont sevici” di automobili, per comprare il superfluo e dimenticare l’indispensabile.
Io quasi quasi, a Natale, mi do malato.