venerdì 30 gennaio 2009
martedì 13 gennaio 2009
La star islandese del rock si occupa di politica
DI BJORK
Dopo un tour di 18 mesi ero ansiosa di ritornare per qualche settimana nella buona e solida Islanda per godere di un po’ di stabilità. All’inizio di quest’anno avevo tenuto un concerto che nelle intenzioni avrebbe dovuto accrescere la consapevolezza popolare riguardo all’ambiente locale e un 10% della popolazione vi ha preso parte, ma non mi è sembrato sufficiente.
Per questo, quando sono ritornata ho deciso di contattare tutti gli isolani che avevano cercato senza successo di creare nuove imprese e mettere in pratica nuovi metodi di lavoro ecologici. Nel corso di tanti anni, la principale fonte di entrata dell’Islanda è stata la pesca, ma quando questa ha cessato di essere redditizia la gente ha cominciato a cercare altri modi per guadagnarsi da vivere.
I conservatori che governano il paese pensarono che se avessero messo le mani sull’energia naturale dell’Islanda per venderla alle grandi imprese come Alcoa e Rio Tinto, avrebbero risolto il problema.
Adesso abbiamo tre fonderie di alluminio, le maggiori d’Europa; e nei prossimi tre anni ne vogliono costruire altre due. Queste fonderie avranno bisogno di energia da un pugno di nuove centrali geotermiche, così come la costruzione di argini che danneggerebbero lo spazio naturale incontaminato, sorgenti e campi di lava. L’ottenimento di così tanta energia da questi campi geotermici non è sostenibile.
Molti islandesi si oppongono alla costruzione di queste fonderie. Anzi, preferirebbero continuare a sviluppare piccole imprese di loro proprietà e non dover sostenere questo costo. In Islanda vi sono state molte lotte per difendere questa causa. Una di queste ebbe come risultato che il ministro dell’ambiente ha insistito affinché venisse compiuto uno studio sull’impatto ambientale prima di costruire qualsiasi fonderia o argine.
E, poi, è scoppiata la crisi economica. Giovani famiglie si vedono minacciate di perdere le proprie abitazioni e gli anziani di perdere le proprie pensioni. E’ qualcosa di catastrofico. Si palpa la rabbia. La gente contesta per strada i sei maggiori capitalisti d’Islanda e li critica alla radio e alla televisione; voci furiose insistono affinché vendano le loro proprietà e consegnino i benefici allo Stato. Si è venuto a sapere che alcuni individui hanno ottenuto all’estero prestiti giganteschi senza che il popolo islandese ne avesse conoscenza. Adesso, a quanto pare, è la nazione che deve rimborsarli.
Ciò che esaspera la gente è che i responsabili di aver messo gli islandesi in questa situazione sono gli stessi che ora cercano di toglierli da essa. Molti esigono che si dimettano e permettano che altri rimettano ordine. Il più criticato è Davíð Oddsson, che nomino se stesso direttore della banca Centrale dopo 19 anni come sindaco di Reykjavik e 13 anni come primo ministro. Una volta alla settimana, gli abitanti della capitale si riuniscono nel centro della città per chiedere le sue dimissioni.
E poi, di sorpresa, siamo stati vittime della spettacolare mazzata che ci ha assestato il primo ministro del Regno Unito. Cito testualmente una petizione firmata dalla decima parte del popolo islandese: “Gordon Brown ha utilizzato in forma ingiustificata la legge antiterrorismo contro il popolo dell’Islanda per ottenere benefici politici a breve termine. Ciò ha trasformato la grave situazione in un disastro nazionale… ora dopo ora, giorno dopo giorno, le azioni del governo britannico stanno annientando indiscriminatamente gli interessi islandesi.” [1]
In generale sono estranea alla politica. Vivo felice nella terra della musica. Però sono stata coinvolta perché i politici sembrano impegnati a rovinare l’ambiente naturale dell’Islanda. E la settimana scorsa ho letto che a causa della crisi alcuni parlamentari islandesi stanno premendo affinché si eviti la valutazione ambientale e gli argini possano costruirsi il più rapidamente possibile in modo che Alcoa e Rio Tinto ottengano l’energia di cui hanno bisogno per far funzionare le due nuove fonderie.
L’Islanda è un paese piccolo. Qui non c’è stata la rivoluzione industriale e io nutrivo la speranza che avremmo potuto evitarla del tutto e passare direttamente ad opzioni sostenibili di alta tecnologia. Se qualcuno era capace di farlo, quelli eravamo noi. La mentalità islandese ha qualcosa di meraviglioso, siamo audaci e inclini al rischio sino all’estremo dell’imprudenza. Nel fare musica, raccontare storie e pensiero creativo, questa assunzione di rischio è una grande cosa. E dopo essermi introdotta in molte piccole imprese islandesi in fase di crescita, mi sono resa conto che molte di esse hanno dato prova di audacia, tanto nel campo della biotecnologia che dell’alta tecnologia.
Gli islandesi sono gente dalla solida formazione in scienze avanzate. Abbiamo ORF, che è una delle migliori imprese di biogenetica del mondo; Össur, un produttore di arti artificiali; CCP, un produttore di giochi informatici, e moti altri. Inoltre abbiamo molti medici e professionisti sanitari. Grazie ai centinaia di geiger naturali che zampillano in tutta l’isola e alla nostra (sinora) quasi incontaminata natura, l’Islanda potrebbe diventare facilmente un enorme e sontuoso stabilimento balneario dove la gente si reca per curare i propri dolori e riposare. Sarebbe meglio che il governo utilizzasse i soldi per appoggiare queste imprese invece di metterlo al servizio di Alcoa e Rio Tinto.
La flessibilità è importante: dovremmo vivere con le tre fonderie di alluminio che già sono in funzione e cercare di trovare la maniera di renderle più ecologiche. Ma abbiamo forse bisogno di averne cinque? Nel passato, abbiamo messo tutte le uova nello stesso cesto e questo ha dimostrato di essere pericoloso, come già ci siamo resi conto quando il 70% delle nostre entrate provenivano dalla pesca. Adesso siamo sull’orlo dell’abisso per aver scommesso tutto sulla finanza. Se costruiamo altre due fonderie di alluminio, l’Islanda si convertirà nella maggior fonderia di alluminio del mondo e saremo conosciuti nel mondo solo per questo. Rimarrebbe poco spazio per qualsiasi altra cosa. E se il prezzo dell’alluminio crollasse – come sta accadendo – sarebbe catastrofico.
L’Islanda può essere più autosufficiente e più creativa e, allo stesso tempo, fare le cose in una maniera più in linea col secolo XXI che con il XIX. Si possono costruire meno argini, più piccoli ed ecologici. Utilizziamo questa crisi economica per essere totalmente sostenibili. Insegniamo al mondo tutto ciò che sappiamo sulle centrali di energia geotermica. Appoggiamo le imprese verdi. Cominciamo dal basso. Può essere che ritardino a crescere e a dare benefici, ma si basano su qualcosa di solido, stabile e indipendente ai terremoti di Wall Street e al volatile prezzo dell’alluminio.
E ciò aiuterà l’Islanda a continuare ad essere ciò che meglio sa essere: una incontaminata e meravigliosa forza della natura.
Bjork
Fonte: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=75884&titular=del-colapso-econ%F3mico-al-desastre-ecol%F3gico-
14.11.08
Traduzione dallo spagnolo per www.comedonchisciotte.org a cura di RICCARDO (http://www.alol.it)